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Riprendono gli ordini, premiata l’ecosostenibilità

Segnali incoraggianti dall’America e il Nord Europa: la scelta del green nei filati e nei macchinari è sempre più decisiva. In Val di Bisenzio un’azienda ha investito in piena pandemia e da marzo ha sospeso la cassa integrazione per i 18 dipendenti.

Le filature cardate riprendo a lavorare, gli ordini stanno arrivando e le ore di cassa integrazione iniziano a diminuire; un piccolo spiraglio per un distretto che ancora non vede la fine del tunnel.

Dopo la grande emorragia che in 30 anni, dal 1985 al 2016, ha ridotto le filature da 480 a 91 per arrivare alle 66 attuali, la ripresa del mercato, soprattutto quello americano e del nord Europa, viene vista dagli imprenditori con sollievo anche perché il 40% delle filature sono a rischio estinzione, di queste il 70% sono contoterzi.

“Un anello, quello delle filature – spiega Gabriele Innocenti titolare della Omega Filati – che è sempre stato debole, ma oggi chi ha investito verso l’ecosostenibilità è ripagato. Soprattutto il mercato del lusso richiede sempre più questo requisito. Da marzo abbiamo smesso di fare la cassa integrazione che è durata per oltre 9 mesi nell’anno del Covid abbiamo perso il 40% del fatturato e ora finalmente le scorte del magazzino stanno diminuendo”.

Se per le filature cardate è difficile parlare di aggregazione, è però possibile creare un sistema virtuoso:

“La nostra azienda – continua Innocenti – dagli anni 90 è diventata una manifattura che ha sempre creduto nell’ecosostenibilità, l’ultimo è l’impianto fotovoltaico che da aprile ci ha reso indipendenti dal punto di vista energetico. In questo processo abbiamo coinvolto anche i sei impianti che lavorano per noi. In qualche caso abbiamo anche aiutato gli imprenditori ad investire anche quelli giovani, una merce rara in questo settore. Nella stessa ottica abbiamo cercato di fare lavorare tutto il nostro indotto per quasi tutto l’anno, turnando in Omega con 3 giorni di cassa integrazione su 5. Solo se si lavoro per la maggior parte dell’anno si riesce a sopravvivere”.

L’altro problema delle filature, infatti, è la mancanza del cambio generazionale:

“Questo è un lavoro di sacrificio – spiega l’imprenditore – ma che può dare soddisfazioni anche economiche. Un tempo il posto veniva tramandato da padre in figlio. Ora non succede più e il processo di formazione è lungo e spesso complicato: tirocini e apprendistato non sono più soluzioni adeguate, servono altre modalità”.

Cambiano anche gli approcci verso l’ambiente e la produzione nell’ ottica anche di un distretto green.

“I nostri investimenti per la maggior patte riguardano la sostenibilità: riciclare lana comporta una diminuzione di dieci volte delle immissioni di anidride carbonica rispetto all’utilizzo della lana vergine in pratica 0,9 per Kg contro i 9,6 per Kg del vergine. Inoltre tutto il nostro indotto è nel raggio di 15Km. Ora stiamo sostituendo i mezzi con quelli elettrici, inoltre a giugno sostituiremo parte dei macchinari con quelli di generazione 4.0”.